Bussolati segretario è il segnale della rottura con la gestione del passato
È come quando ci si innamora. I cambiamenti avvengono così: capitano. Non si può programmare, non si può mitigare, e quando succede non si può fare finta di niente. Un giorno ti svegli, ed è tutto diverso.
Così anche per l’Italia: il voto del 24 e 25 febbraio ha certificato che la politica tradizionale, in Italia, non aveva tenuto conto del radicamento cambiamento che la crisi ha portato nella percezione, nelle aspettative e nelle richieste dei cittadini verso la politica. Non aver saputo interpretare questo profondo mutamento ha significato un risultato elettorale non determinante in termini di maggioranza di governo, e tutto quello che è seguito.
Così anche nella mia città: Milano è – come sempre, dato il suo ruolo nazionale, e ancora di più dati gli avvenimenti politici, sociali ed economici degli ultimi anni – al centro di un profondo mutamento, non sempre adeguatamente metabolizzato dal ceto politico di centrosinistra. Il Pd milanese ha scelto in questi anni di essere spettatore dei processi in corso nella città, che per dirne una andava a stemperarsi sempre di più in un’area metropolitana, ininfluente, non pervenuto, in tanti snodi cruciali della vita della nostra area metropolitana. Il rapporto con la giunta Pisapia, di cui pure il Pd è l’asse portante, con la sua forza consiliare e di giunta (20 consiglieri su 29 della maggioranza, 5 assessori su 12 sono appunto del Pd), non è stato un rapporto fecondo o di collaborazione ma un rapporto spaventato.
La gestione della vicenda di Stefano Boeri è stata solo il momento più evidente di come il Pd provinciale fosse incapace di accompagnare un percorso di governo, di esserci con idee, persone, proposte che aiutassero il quotidiano svolgersi di un’avventura amministrativa determinante per il futuro del centrosinistra nazionale e della ripresa economica e sociale nazionale. Perché, come ha capito da subito il governo Letta, l’Italia esce dalla crisi solo ripartendo da Milano. I 3,5 miliardi di investimenti, pubblici e privati, italiani e stranieri, previsti nell’area metropolitana nei prossimi anni in vista di Expo, saranno una leva importante di rilancio del nostro territorio e del paese.
D’altronde, non c’è di che stupirsi che il Pd metropolitano non fosse in grado di interagire con la città o produrre idee per il governo: a Milano il partito è stato strutturato in modo tale da replicare filiere di potere personale e conservare carriere individuali. Per questo serviva a poco quando si trattava di mettersi in connessione con la città, l’area metropolitana, sfruttandone talenti e competenze, o interpretandone bisogni e aspettative.
Qualcosa, lunedì 4 è cambiato. Con una decisione di grande coraggio, Pietro Bussolati è stato eletto segretario provinciale di Milano, dopo una battaglia congressuale vera, per la prima volta, e una votazione in assemblea che non è stata preceduta da nessun accordo unanimista. La decisioni di andare alla conta, decisione sostenuta anche dagli altri candidati, a cui va dato il merito di avere condiviso la scelta di un congresso vero e di averlo animato, ha aiutato a definire linee politiche diverse e proposte alternative per la gestione del partito e il rapporto con l’area metropolitana di Milano.
Una rottura con la gestione del passato che fa ben sperare: abbiamo messo la politica nel congresso, e da qui si può ripartire. Ora si tratta di riorganizzare il partito, innestando elementi di innovazione nella gestione e inventando proposte che siano di aiuto alla quotidiana pratica politica dei circoli, e rafforzare la proposta amministrativa del Pd milanese sulle grandi sfide del futuro dell’area metropolitana, a partire da Expo.
Quando abbiamo fondato il Pd nel 2007, lo immaginavamo come forza di governo in grado di gestire il cambiamento. Da Milano, dopo il congresso provinciale, si può iniziare un percorso che riguarda non solo il nostro territorio, ma l’Italia. Questo il ruolo di Milano, che è una forza per il Pd del cambiamento.